Tomba di Gasdia e Cilla

Insieme costituito da due lapidi sepolcrali marmoree di altrettante contesse della famiglia dei Cadolingi, coronate da un parallelepipedo in cotto iscritto.
Il lungo testo celebrativo inferiore si riferisce a Gasdia, moglie del conte Guglielmo detto "Bulgaro" (il maggior artefice del primo consolidarsi del monastero di Settimo, quello ricordato anche nella problematica epigrafe murata sulla base del campanile): non reca date, ma sappiamo che la donna morì attorno al 1075; poiché il monumento dovette essere realizzato all'incirca in quell'anno e presenta la bicromia verde e bianca dei marmi ed un profondo classicismo (nell'incorniciatura a ovuli e nella forma dei caratteri alfabetici incisi) divenuti - ma,

per quanto ci rimane, solo dagli inizi del XII secolo - caratteristici del cosiddetto "romanico fiorentino" (cfr. Battistero, S. Miniato al Monte ecc.), la lapide di Gasdia viene a costituire l'incunabolo, ossia il più antico esempio di quello stile.
La più breve iscrizione superiore, in marmo bianco, riguarda invece Cilla, sposa di Uguccione II, figlio del suddetto Bulgaro, e quindi nuora di Gasdia; essa reca la data della sua morte: 1096. Le due lapidi (di Gasdia e di Cilla) sono da annoverarsi in assoluto, fra l'altro, tra i più antichi esempi superstiti di memorie funebri cristiane dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente.
Il curioso blocco rossastro in cotto inserito al vertice della composizione (un originario "termine" per segnare i confini di un qualche possedimento terriero?) mostra il simbolo araldico di Settimo (una "S" tagliata verticalmente) in chiare forme gotiche: è databile quasi certamente al XIII secolo ed è stato assunto come "logo" dell'Associazione "Amici della Badia di Settimo".